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Vedere per guardare. Un luogo comune, una frase sentita tante volte e ormai data per scontata. Ma una rapida analisi del modo in cui la società attuale fruisce delle immagini in gran parte da lei stessa prodotte, ci rivela che il passaggio dalla semplice percezione alla consapevole interpretazione di un'immagine è ben lungi dall'attuarsi in modo automatico. Nella norma infatti le immagini vengono acquisite in quantità abnorme e in modo totalmente acritico. Mai come ora l'uomo si è trovato a dover gestire una molteplicità inesauribile di immagini artificiali. A causa della pervasività del digitale, le immagini, che siano di tipo statico, su carta o altro supporto, o dinamico, hanno occupato in pochissimo tempo quasi ogni spazio della vita umana. Di fronte però a tale sconfinata produzione di immagini si può restare del tutto passivi oppure sentirsi chiamati ad acquisire idonee competenze analitiche e interpretative. Se la tendenza alla fruizione passiva sembra imperante, è pur vero che stimolare la comprensione semiologica ed estetica dell'immagine può favorire una capacità critica che, nell'ambito del viaggio culturale, alla presenza di opere d'arte.